Settembre sarà un mese importante per i lavoratori prossimi alla pensione. Ma restano ancora dei dubbi.
Dubbi e scelte importanti da fare, del tipo: meglio una certezza oggi o un dubbio per domani? Giusto per semplificare perché l’argomento merita un ragionamento più approfondito, e i lavoratori prossimi alla pensione dovranno fare una scelta importante che potrà condizionare presente e futuro.
Il 1° settembre 2025, sarà un momento cruciale per quei lavoratori dipendenti sia del settore privato che pubblico che hanno maturato i requisiti per la pensione anticipata. C’è la possibilità di rinviare la pensione, ma dopo tanti anni di sacrifici chi sarà disposto a farlo? E, soprattutto, conviene davvero? Chi sceglie di rimanere in attività riceverà in busta paga un aumento corrispondente ai contributi previdenziali normalmente a suo carico, esentasse e non soggetto a Irpef.. Dunque un aumento immediato dello stipendio netto. Ma poi cosa succede?
Parliamo del bonus Giorgetti che ha preso forma dal bonus Maroni nato qualche anno prima. Chi preferisce avere liquidità subito, magari per necessità, anziché la pensione più alta in futuro, sarà chiamato ad una scelta difficile. Perché lo Stato ti dà ma ti toglie anche.
Come anticipato, per chi ha maturato i requisiti per la pensione ma continua a lavorare, ci sarà una busta paga più ricca.
Tuttavia, per chi ha pochi anni di contributi e si aspetta una pensione già bassa, rinunciando alla quota contributiva personale – che andrà invece in busta paga – ridurrà l’importo della propria pensione futura in modo permanente. Il Bonus Giorgetti è vantaggioso per chi apprezza maggiormente il guadagno immediato e la liquidità extra, mentre è meno conveniente per chi punta a massimizzare la pensione futura e ha bisogno di mantenere alti i contributi previdenziali versati. La scelta va valutata caso per caso, considerando l’importo della pensione attesa e le necessità economiche personali.
Facciamo un esempio che può rendere l’idea: con uno stipendio lordo di 2.000 euro al mese, il bonus può aumentare lo stipendio di circa 180 euro netti, ma a lungo termine la pensione potrebbe essere decurtata di alcune decine di euro mensili, prolungando l’effetto per tutta la vita pensionistica. Il datore di lavoro continua a versare la propria quota contributiva, garantendo così la continuità del montante complessivo dei contributi, anche se con una minima perdita, dato che viene meno la quota del dipendente. In sostanza, si guadagna di più subito, ma la pensione finale sarà più leggera rispetto a quella che si avrebbe anticipatamente.
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