L’Italia sta vivendo un preoccupante aumento dei casi di scabbia nell’ultimo periodo, con un incremento che in alcune regioni ha raggiunto valori fino al 750% tra il 2020 e il 2023. La Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) ha lanciato un vero e proprio allarme sanitario, sottolineando come questa malattia cutanea, causata dall’acaro Sarcoptes scabiei, stia tornando a essere una minaccia concreta anche nei Paesi sviluppati come l’Italia.
La scabbia è caratterizzata da un intenso prurito, spesso notturno, e dalla formazione di papule cutanee, soprattutto tra le dita, ai polsi, e su altre parti del corpo. Tradizionalmente associata a condizioni di scarsa igiene o povertà , oggi invece colpisce anche in ambienti apparentemente ben organizzati come le RSA, le scuole, gli ospedali e le famiglie numerose. Tra le cause che hanno favorito questo aumento massiccio ci sono il lockdown e l’isolamento prolungato in ambienti affollati, che hanno facilitato la trasmissione del parassita, la ripresa dei viaggi e del turismo di massa post-Covid e il sovraffollamento in strutture ricettive e sanitarie.
Un altro fattore critico evidenziato dagli esperti riguarda la possibile resistenza dell’acaro alla permetrina, il farmaco topico finora più usato per la cura della scabbia in Italia. Questa resistenza rende più difficile il trattamento e contribuisce alla diffusione della malattia. Le fasce più colpite, secondo i dati, sono gli anziani, in particolare gli over 80, e i bambini tra i 5 e i 18 anni. Il fenomeno è stato particolarmente studiato e documentato nelle regioni Emilia-Romagna e Lazio, dove si sono registrati i focolai più ampi e l’aumento più marcato dei contagi.
Gli esperti invitano a non sottovalutare i sintomi della scabbia e a consultare tempestivamente un medico per evitare che l’infezione si diffonda ulteriormente, sottolineando l’importanza di interventi tempestivi e di una buona prevenzione, soprattutto in contesti comunitari e a rischio.
In conclusione, la scabbia è tornata a rappresentare un problema di sanità pubblica in Italia a causa di una combinazione di fattori sociali, ambientali e farmacologici, rendendo fondamentale la sensibilizzazione e la conoscenza di questa malattia per contrastarne efficacemente la diffusione.
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