Vallanzasca, rifiutati i domiciliari. L’ex moglie: “Quanto deve pagare ancora?”

Foto dell'autore

By Paolo Colantoni

News

L’ex moglie del boss milanese, in carcere da 52 anni, ha scritto una lunga lettera dopo la decisione del tribunale di negarli il trasferimento in una comunità

A Renato Vallanzasca, boss della malavita milanese, sono stati negati gli arresti domiciliari in una comunità. L’uomo, in carcere da 52anni, aveva fatto richiesta attraverso i suoi legali (Corrado Limentani e Paolo Muzzi.) di trasferimento in una struttura che gli garantisse le cure necessarie al suo stato di salute. Una richiesta che ha trovato la ferma opposizione della Procura, per la quale la salute di Vallanzasca è ancora compatibile con il carcere. La difesa aveva portato a sostegno della domanda, una documentazione medica di due neurologi nella quale veniva spiegato che Renato  Vallanzasca, condannato all’ergastolo, da almeno quattro anni soffre di un decadimento cognitivo.

Renato Vallanzasca, in carcere da 52 anni – Ricercaitaliana.it – Ansa Foto –

La decisione è stata respinta in modo definitivo dal Tribunale di Sorveglianza. Una presa di posizione che ha scatenato la reazione dell’ex moglie Antonella D’Agostino. “Quanto deve pagare ancora? Dopo 50 anni di carcere e una condizione di salute precaria, anzi peggio. Rifiutare le misure alternative a Renato Vallanzasca significa non solo condannarlo al carcere a vita, cosa che già è avvenuta e all’impossibilità di vivere uno stralcio di normalità, ma anche umiliare un uomo ormai ridotto all’ombra non di quello che era, ma di quello che tutti hanno pensato che fosse”, ha scritto la donna, che conosce l’ex marito da quando erano bambini, in una lunga lettera.

L’ex moglie ha ricordato che Vallanzasca “ha vissuto otto anni in semilibertà e poi ai domiciliari senza fare niente di male. E quando portò via quelle mutande dal supermercato capii che nel suo cervello qualcosa aveva cominciato a non funzionare”. “Da fuori ho sofferto ogni volta che ho visto quelle sue smargiassate che lo hanno reso il ‘Bel Renè’ soprannome che ha sempre odiato ma siccome faceva figo se lo è tenuto”, continua Antonella D’Agostino, che rivolge ai giudici una domanda: “Quanto deve pagare ancora perché possa morire in pace? E sia chiaro non da uomo libero, ma affidato a una struttura. Ormai lo avete piegato per sempre. Dimentichiamo gli occhi azzurri e il suo fascino. E’ l’ombra di sé stesso. Una larva umana. Che forse merita un pò di pietà. A meno che 50 anni di carcere vi sembrino pochi”.

Nella lettera la D’Agostino ricorda la sua storia con il boss: “Mi chiamo Antonella D’agostino e sono stata sua moglie: un amore fraterno più che un incontro folgorante tra un uomo e una donna. Ci siamo conosciuti che lui era un bambino. Io anche. Uno “scugnizzo” di via del Giambellino, strada di Milano che, negli anni delle bombe, del terrorismo e della droga era conosciuta come malfamata e violenta. Sua madre che lui ha sempre difeso, come è giusto che sia, non lo guardava, lui spavaldo diceva che andava tutto bene ma noi nel quartiere sapevamo che non era vero ed erano più le volte che mangiava qua e là che a casa sua. Ho passato anni a portare pacchi a lui e ai suoi compagni di cella ricorda Antonella D’Agostino – a raccogliere lettere d’amore che gli arrivavano da tutta Italia da donne, famose e sconosciute, da artisti e uomini di legge, e chi più ne ha più ne metta, finché non l’ho sposato e sono riuscita a tirarlo fuori di lì. Era già un uomo finito. Bravo? Mai detto questo. Non voglio santificare chi ha vissuto da criminale”. “I veri criminali li ho conosciuti, quelli che frequentavano la Milano da bere scrive ancora Antonella D’Agostino – Niente a che vedere con lui. Altra stoffa. Loro sono morti ammazzati o ricchi sfondati. Lui marcisce in galera senza avere i soldi per le sigarette, senza capire più dov’è”.

Renato Vallanzasca in una foto recente – Ricercaitaliana.it – Ansa Foto

“E’ l’ombra di se stesso”

“Dunque, vi chiedo: quanto deve pagare ancora Renato Vallanzasca perché possa morire in paceè la conclusione della lettera -. E sia chiaro non da uomo libero, ma affidato ad una struttura. Ormai lo avete piegato per sempre. Dimentichiamo gli occhi azzurri e il suo fascino. E’ l’ombra di sé stesso. Una larva umana. Che forse merita un po’ di pietà. A meno che 50 anni di carcere vi sembrino pochi”

Gestione cookie