Gas effetto serra: ecco a che punto siamo in Italia

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By ricercaitaliana.it

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L’Italia non è nota nel mondo per l’inquinamento, ma ciò non vuol dire che la situazione sia completamente rosea. Essendo una delle principali economie in Europa, l’Italia è anche uno dei maggiori inquinatori del continente. L’Italia è stata il secondo più grande emettitore di anidride carbonica nell’Unione Europea nel 2020, dietro solo alla Germania. Nonostante ciò, l’Italia ha una delle più basse emissioni pro capite di gas serra nell’UE.

La legislazione vincolante dell’UE in materia di clima ed energia per il 2030 richiede agli Stati membri di adottare disposizioni nazionali con piani per l’energia e il clima (PNEC) per il periodo 2021-2030. Nell’ottobre 2020, il Consiglio europeo nella persona della Commissione ha pubblicato una valutazione per ciascun PNEC. Il PNEC finale dell’Italia è stato inviato a dicembre 2019. Un’alta percentuale di italiani (63%) si aspetta che i governi nazionali affrontino il cambiamento climatico.

Le emissioni di anidride carbonica in Italia sono state pari a circa 287 milioni di tonnellate nel 2020. L’anidride carbonica è un gas a effetto serra e il principale contributore al cambiamento climatico. Sebbene le emissioni annuali di CO2 in Italia abbiano registrato pochi cambiamenti negli ultimi cinque anni, sono diminuite di quasi il 30% dal 2010. Come in altre parti del mondo, il settore energetico ha contribuito per il 50% alle emissioni di gas serra in Italia. Tra il 2005 e il 2019 le emissioni del settore energetico in Italia sono scese da 476 milioni di tonnellate a 329 milioni di tonnellate.

Queste riduzioni coincidono con l’aumento dell’uso di energia rinnovabile nel Paese. Dal 2007, la quota di elettricità generata da fonti rinnovabili in Italia è più che raddoppiata, raggiungendo circa il 34% nel 2018. Le emissioni del settore dei trasporti sono un altro importante contributo all’impronta di carbonio dell’Italia, sebbene, proprio come le emissioni di approvvigionamento energetico, abbiano subito un notevole riduzione negli ultimi decenni.

David di michelangelo
David di michelangelo – Foto di Fabio Mariano/Pexels.com

Dal 2005 al 2011 l’Italia ha seguito la traiettoria dell’UE nella riduzione delle emissioni pro capite da vicino; l’impatto della crisi finanziaria del 2008 è chiaramente visibile con un calo emissioni dal 2008 al 2009, sia a livello UE complessivo che per l’Italia. Dal 2011 al 2014 l’Italia ha diminuito le sue emissioni pro capite a un tasso più ripido rispetto alla media UE. Nel 2014 emissioni pro capite
sono aumentati leggermente e da allora sono rimasti stabili.

La delicata situazione Padana

Mentre le emissioni che contribuiscono alla crisi climatica destano grande preoccupazione, ci sono altri inquinanti che hanno un impatto più immediato sulla salute umana. Infatti, il numero di morti premature in Italia attribuibili al particolato PM2,5 è stato di oltre 50mila fino al 2018. Nel 2019 i decessi sono stati 49.900. Questo è stato il numero più alto di decessi nell’UE causati da questo inquinante nocivo. Nel 2019, l’Italia è stata responsabile della maggior parte delle emissioni di PM2,5 di tutti gli Stati membri dell’UE. Le città con le più alte concentrazioni di emissioni di PM2,5 in Italia si trovano tipicamente nel nord del Paese, in particolare nella regione padana.

La legislazione dell’UE sulla condivisione degli sforzi copre le emissioni provenienti da settori non inclusi nell’ETS, come i trasporti, edilizia, agricoltura e rifiuti. La decisione sulla condivisione degli sforzi (ESD) per il periodo 2013-2020 ha imposto all’Italia di ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra non ETS del 13 % rispetto al 2005. Per il regolamento sulla condivisione degli sforzi (ESR) relativo al periodo 2021-2030, l’Italia deve ridurre le proprie emissioni di un ulteriore 33 %
rispetto ai livelli del 2005.

L’Italia è rimasta costantemente nei limiti delle quote di emissione assegnate e stima che le misure previste porteranno il paese a superare leggermente l’obiettivo del 2030. Le misure chiave per il patrimonio edilizio includono formazione, attività di sensibilizzazione e detrazioni fiscali, con
Rimborsi del 110% per alcuni retrofit attraverso l’ultimo regime “ecobonus” e energia più generale
supporto per il retrofitting disponibile dal Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica. Sono altresì previsti incentivi alle imprese e al settore pubblico in cui investire cogenerazione e teleriscaldamento attraverso il ‘conto termico’ e il ‘certificato bianco’. Sforzi sono stati realizzati per ridurre i processi di domanda ingombranti e il numero di schemi.

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