Le famiglie italiane sul lastrico: gli aumenti mensili sono enormi

Secondo uno studio della Confesercenti, le famiglie italiane negli ultimi quattro anni hanno subito delle enormi difficoltà: colpa del Covid, della guerra e non solo…

Prima lo scoppio della pandemia, con tutti i problemi annessi (perdita del lavoro, cassa integrazione, difficoltà a riprendere la normale vita lavorativa di un tempo ecc);  poi la guerra in Ucraina, l’aumento delle bollette di luce e gas, i prodotti alimentari e meccanici che scarseggiano e costano un occhio della testa. Dal 2019 ad oggi, i rincari per le famiglie italiane sono stati notevoli. Anzi, esagerati.

I bilanci familiari sono stati dimezzati negli ultimi quattro anni – Ricercaitaliana.it- Pixabay

Il dato pubblicato da Confesercenti, che ha condotto un’attenta analisi sulle spese, i redditi e i risparmi delle famiglie italiane negli ultimi quattro anni, è eloquente. Ogni gruppo familiare ha speso, in media, più di 1300 euro al mese: circa 400 euro in più rispetto al 2019. Un aumento del 45%, che conferma quanto siano stati stravolti i bilanci degli italiani negli ultimi quattro anni. Numeri che vengono letti con crescente preoccupazione in vista del prossimo futuro.

I budget familiari sono stati stravolti; condizionati da numerose spese che sono state tagliate: gli italiani hanno deciso di spendere circa 384 euro in meno per i trasporti, meno di 200 euro all’anno per abbigliamenti e meno 374 euro per spettacoli e cultura. Gli italiani hanno anche deciso di spendere oltre 320 euro in meno per la ristorazione, evitando cene fuori e feste. A pesare sono soprattutto le spese obbligate, che hanno ormai assorbito per più della metà i fondi di ogni famiglia. Dati che amplificano la preoccupazioni

Gli aumenti per le famiglie

Le famiglie italiane sono in grandissima difficoltà. Covid e guerra le cause principali – Ricercaitaliana.it

Secondo i dati, ogni famiglia italiana spenderà in media nel 2023 circa 2.846 euro al mese, 286 euro in più rispetto all’ultimo anno prima della pandemia (2.560 euro). Una crescita, però, non dovuta all’aumento dei consumi, ma interamente all’inflazione energetica: riportando la spesa mensile familiare in valori reali – cioè al netto dell’inflazione – questa resta infatti a 2.443 euro al mese, 50 in meno rispetto al 2019. Si spende dunque di più acquistando di meno. Le famiglie dovranno bruciare, secondo questa analisi, altri 6,5 miliardi di risparmi nel corso del 2023 per sostenere i propri livelli di consumo. Del resto l’ammontare dei depositi che nella media del primo trimestre 2023 si è ridotto di 11 miliardi rispetto allo stesso periodo.

L’Italia, in quest’ottica, risulta spaccata in due: nel centronord le spese per ogni famiglia aumentano in modo progressivo con Trento e Bolzano a guidare la classifica delle province con più spese (oltre 3450 euro al mese). Ultimo posto invece per la Puglia con 2118 euro mensili. Ci sono otto regioni che presentano una spesa mensile media superiore a quella nazionale (2.846 euro): si tratta della Lombardia (3.388 euro), Lazio (3.225 euro), Valle d’Aosta (3.152 euro), Emilia-Romagna (3.104 euro), Toscana (3.064 euro), Friuli-Venezia Giulia (poco più di 3mila euro) e Veneto (2.983 euro). Decisamente diversa invece la situazione al sud, con spese molto più basse: Sicilia (2.282 euro), Calabria (2.186 euro) e Puglia (2.118 euro al mese). Forti differenze territoriali riguardano anche il peso delle spese fisse. Le spese per l’abitazione sono inferiori al 40% del totale dei consumi in Basilicata, Calabria e Sicilia e superiori invece al 51% nel Lazio.

In aumento le spese per le abitazioni

In termini assoluti, la spesa per abitazioni aumenterà solo nel corso del 2023 di circa 2mila euro a famiglie nel Trentino-Alto Adige e nel Lazio, di un ammontare compreso fra 1.700 e 1.900 euro in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, di oltre 1.600 euro in Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, per restare compresa nelle altre Regioni fra i 1.400 euro dell’Abruzzo e i 1.000 euro della Calabria. Con riferimento alla spesa alimentare, questa conserverebbe una particolare rilevanza nelle regioni meridionali, risultando pari o superiore al 20% in Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia e collocandosi al di sopra del 25% in Calabria. Ciò a fronte di spese per spettacoli e cultura e per alberghi e ristoranti significativamente sotto la media nazionale

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