“Putin è in declino. Le prossime settimane saranno decisive”

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By Paolo Colantoni

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Marco di Liddo, geopolitico e analista del Centro Studi Internazionale, in esclusiva: “Putin esce malissimo dalle ultime vicende. Ecco i prossimi sviluppi”

Le 24 ore più intense della recente storia russa portano a numerose riflessioni: cosa c’è nel futuro di Mosca? Cosa accadrà a Vladimir Putin? Il leader russo continuerà a gestire come se niente fosse la sua nazione o dobbiamo iniziare a ragionare su una federazione russa che guarda oltre la figura del suo leader? “Le analisi odierne sono necessariamente parziali. Per capire gli sviluppi della missione di Prigozhin, bisognerà attendere le prossime decisioni del governo russo”, ha dichiarato in esclusiva ai nostri microfoni Marco di Liddo, geopolitico ed analista del Centro Studi Internazionali (CeSI), prova a immaginare i prossimi scenari.  

Il futuro di Vladimir Putin è tutto da scrivere – Ricercaitaliana.it- Ansa Foto

Dottor Di Liddo, partiamo da Prigozhin. Alla fine la sua sortita che effetti ha ottenuto?
“Il primo aspetto da chiarire sono gli effetti sulla Brigata Wagner. Prigozhin ha chiesto e ottenuto più voce in capitolo. Ma attraverso un decreto sottoscritto, ha un ruolo subordinato al Ministero della Difesa russo. Bisognerà capire se questa scelta varrà solo per l’operazione speciale in Ucraina o anche per le altre operazioni. Il quadro normativo russo non è chiarissimo. Putin, autorizzando questo decreto ha preso le parti della sua Difesa, ma dall’altro ha ceduto alle pressione del Wagner”.

Quindi?
“Se questo decreto si applicherà solo all’Ucraina, dove oltre al Wagner è impegnato anche l’esercito di Mosca è un conto, se invece si applicherà anche alle altre attività dove l’esercito non è presente, penso alla Siria, alle regioni Africane, dove Prigozhin ha sempre operato in autonomia, l’accordo ha tutto un altro valore. Ne va del prestigio e del guadagno della Brigata Wagner”.

Il patto cosa prevede?
“Il patto è stato concordato da Prigozhin e dal presidente bielorusso Lukashenko. Sono due le ipotesi: o il leader del Wagner e la sua squadra ottengono semplicemente l’impunità e la caduta di tutte le accuse, rifugiandosi momentaneamente in Bielorussia, prima di tornare a svolgere il loro lavoro, oppure possono aver ottenuto di più. Se nei prossimi giorni vedremo la destituzione dei vertici del ministero della Difesa, vuol dire che Prigozhin ha ottenuto molto di più, della semplice impunità”. 

Putin come esce da questa vicenda?
“E’ chiaro che la sua figura risulta fortemente indebolita: è passato il messaggio che un gruppo militare privato è riuscito a controllare una delle più importanti città russe, decisiva per la logistica dell’operazione in Ucraina e senza opposizioni. Anzi, tra l’entusiasmo della folla, che esaltava il suo nome. Il secondo messaggio è che la Brigata Wagner ha viaggiato per oltre 500 km in Russia, affrontando una resistenza irrisoria e portando dalla sua parte diverse unità militari. E poi c’è un altro messaggio”.

Quale?
“Che una compagnia si è ribellata al comandante, ha puntato Mosca dimostrando di poterci arrivare senza problemi ed ha costretto Putin a lasciare il Cremlino e rifugiarsi a San Pietroburgo. E alla fine di questa azione ha ottenuto anche l’impunità. HA parlato di tradimento, di pugnala alla schiena, ma poi ha fatto un accordo con chi lo minacciava. Un uomo che ha  sempre dato idea di invulnerabilità, improvvisamente si è dimostrato fragile ed esposto, facendo i conti con un apparato di potere diviso. La sensazione di poter cambiare l’attuale stato di potere è evidente. In più ha visto un alleato storico come il Kazakistan voltargli le spalle e non intervenire, perchè convinto che si trattasse semplicemente di un problema interno alla Russia. A quel punto è stato costretto a ricorrere a Lukashenko per non perdere la faccia. Il leader russo ha dato segnali di debolezza”. 

Marco Di Liddo, analista del Cesi in esclusiva a Ricerca Italiana.it – Ricercaitaliana.it-

Come va letta alla fine l’azione di Prigozhin?
“Sicuramente non come una mossa dimostrativa. Ha fatto una grande e astuta mossa di poker. Di fronte alla possibilità di perdere tutto quello che aveva ottenuto fino ad oggi si è giocato il tutto per tutto. Ha rischiato e, almeno per il momento, ha dato la sensazione di aver vinto. Ha dimostrato che il sistema si può battere, che il potere centrale non è così forte e che ha a disposizione qualcuno pronto ad aiutarlo. Anche il suo operato andrà valutato nel lungo periodo”.

Putin cosa farà ora?
“Dovrà riconquistare la fiducia del suo popolo e fare azioni per sanare il danno di immagine subito. Lo scenario potrebbe essere triplo: Putin potrebbe portare avanti la guerra contro l’Ucraina, contro l’Occidente e contro i suoi nemici. Tre guerre insieme non sono facili da gestire”.

Il tempo di Putin sta per scadere?
“Dirlo è impossibile. Hitler non cadde quando ci fu l’operazione Valchiria e il tentativo di ucciderlo, ma più tardi, quando russi e americani entrarono in Germania. Certo, Vladimir Putin ha dimostrato di essere in declino e all’interno del Cremlino è iniziato sicuramente un dibattito interno molto intenso per capire chi può essere l’erede e cosa si può fare. La storia però ci insegna che i leader russi muoiono nel loro letto e difficilmente sono destituiti. Lenin e Stalin morirono per motivi di salute, come Bresnev e Andropov. Eltsin si ritirò quando le sue condizioni di salute non gli permettevano di andare avanti. L’unico caduto per una rivoluzione è stato lo Zar e laddove ci sono stati tentativi di una rottura di potere dura, non sono andati mai a buon fine.

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